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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.97
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- Guarda i tempi che seminavi a mano, discorso normale preso il pugno nella cavagna facevi il ventaglio venute le macchine da semina e il grano a file Damiano con la cavagna dove lo metti? A seminare troppo presto nasceva l’erba insieme tardare a seminare, se piove, nascono dei problemi viene molle, del fango, fin le ruote riempi senti Mario che te lo racconta, fa gli esempi. Quell’anno
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.169
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- il forno. Due concorrenti con il forno, Cino e Cagnoli paura uno dell’altro fallo senza parole se verranno quelli dell’Annonaria avranno i denti cantiamo «Vinceremo» col muso tinto. Quando trebbiavano il grano, se potevano, tutti ne imboscavano quelli dell’annonaria orbi, quando lo vuotavano il misuratore pieno toccava solo incurvarlo non segnava nulla, scaricarlo e di nuovo riempirlo. 167
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.91
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- potranno solo leggerli. Nel paese che ho conosciuto io ce n’erano tante una vigna o due a famiglia ne escono quante poco più poco meno facevano il loro [vino] da bere per non comprarlo in giro, pochi soldi diresti. La vigna un sovrappiù o poco ci manca resa è il grano, la meliga, il cortile e la stalla fosse come oggi è tanto che l’avresti sradicata quelle terre sono tutte grano, sarebbe sprecata. Venti
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.78
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- ra pena e j’òs. Giald ’me ra baIa dl’ùav, is la riziavu queinta parigg mi mari ’d quand ch’il favu ’r paìz l’ìara luntan, d’invèr fiucava ma drìa ra lìaza e i bùa a scùara andava. «Turtöun, sorta di grossa pagnotta di farina di grano integrale che si cuoceva sotto la cenere calda del camino. Se era farina di grano mescolata a farina gialla di polenta, allora si chiamava pandòr; nulla più che un mazzero
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.167
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- La micca di pane La storia dei quattro gatti va avanti ancora? fintanto che il cervello va in malora tutti i giorni un pezzo, a raccontare vituperi teatro senza autori, di oggi e di ieri. Basta che si trovino due e comincia la cantilena il tempo, come va il mondo, invecchiare, la paura pagare tremila lire un chilo di pane? quando vendi a trecento lire quello che fai, il grano! Combinazione
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.183
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- , escono degli aliti assassini come quello che diceva Bagino, della tiritera infine ricordavano i gas della Grande Guerra. Se stenti a digerirlo l’aglio puzza «giallo pesta l’aglio» detto a uno rosso lo provoca lo piantavano tempo al grano, dopo ls mietitura lo coglievano cotto con i ceci perfino i morti godevano. 181
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.177
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- . Con niente di niente andavi per fascina a spigolare grano, meliga, rami di rovo trebbiavano quattro o cinque coperte di spighe spigolate portate al mulino del pane bigio cuocevano. Due o tre galline tenevano, piluccavano in giro un piatto di minestra per loro, un bicchiere di vino, mai puro a colazione la minestra di ieri, riscaldata o i pezzi di polenta, sulla brace, avanzata. Bruciagnocchi quello che ha messo sotto
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.71
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- colpi e si ferma, ci pensa pianta giù un palo, la lega, della resistenza stiamo ancora a vedere, la primavera fa i fiori, e ’sta volta i frutti, sembra vero? I frutti sono quelli che dicevamo: si era offesa? Andavano manco a raccoglierli, guarda che resa venute le nebbie dell’autunno nasceva il grano foglie in terra, pesche verdi, pelose, dure. Un giorno che andava ad Alessandria a lavorare a fare
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.143
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- I buchi degli storni Fateci caso nelle case vecchie ai buchi degli storni a sentire Gianni bocche da respirare il calore ma Geppe dice che li lasciavano come richiamo per gli uccelli per salvare i coppi dai nidi, ti rovinavano il solaio. Teneva là meliga, grano e tutte le scorte con il buco del gatto per i topi, ti rosicchiavano il portico scarafaggi, ragnatele, camole e polvere con una scopa
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.49
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- che girano in fuori, uno che scivola mai bevuto un bicchiere con gli altri in compagnia. Contavano i muratori intenti a fargli l’alzata mai offerto una bottiglia di vino a ’sti camerati. Ha lucchettato l’orto, li ha visti mangiare la frutta un’avarizia così ci vuole proprio tutta. Dicono se la sia presa per il raccolto grandinato sul grano e sul resto, di lì a un mese è morto. La luna va nel pozzo girando
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.185
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- Quella della cipolla Abbiamo raccolto le parole della cipolla studiato la gente, per conoscere malizia e fesseria partiamo fischiato il merlo, sinfonia preso il tono soffione dai colombi, cacofonia. Una foglia di zucca in testa, a masticare le fave sentirai alzarsi la musica delle zucche naso una carota, gli occhi due acini d’uva le braccia due mazzi di grano di un campo assolato. Prima di morire
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.135
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- quell’anno per niente, strozza-mercato, rende? Portava a casa sei chili di pane, da Castellazzo per un carretto di foglia, altro che mangiare l’uccellaccio! Parliamo del ventidue, anno di siccità fatto niente di grano e niente sulla cascina invece l’hanno fatta buona l’anno appresso dieci quintali per moggia, da raccontarla spesso. sante per raccogliere la foglia sugli alberi (sfrondando i ramoscelli
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.193
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- ) La neve sul grano è manna per il pane brina e siccità il vuoto della cascina. Diavolo dell’anima o Dio solo è il pane delle streghe bisogna raccogliere gli scarafaggi come le formiche. Cantiamo i nostri borbottii, cuore della speranza per capire il futuro che viene, se pane ne avanza dal nostro osservatorio a contare gli anni senza burchiello, a studiare le sabbie di Tanaro. Qui a evocare dei volti
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.163
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- La torta nella conca Diario delle foglie secche cadute per terra sotto i gelsi, gli ultimi, noi qui a rastrellarle foglie come noi, scritte dal Tempo, vicende che vorremmo conservare, ma sono da rendere. Coprivano il grano seminato, le bestie le mangiavano vacche, gelsi, i carri dove andavano scomparsi, come le tradizioni, perse, dimenticate delle foglie, come le parole, mai più adoperate
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.77
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- le mangiavamo senza zucchero, nel forno della stufa. Poi sono venuti altri tempi, frutta qui ne avevano tutti famiglie meno numerose, minori ristrettezze non tenevano manco l’orto una volta, viti, meliga, grano seminavano l’aglio, delle bocche, da lavorare a mano. Ma puoi raccontare le fatiche che ha fatto la gente? Manco col contatore della luce non le misuri. Ognuno ha il suo registro, esce dalle teste
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.204
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- , anlùr s’avghiva parloma ’d prim dra uèra Taviu diva per cui ch’a divu er pes l’ìara ’n racòlt fè ’r gran con nèinta ’d tèra, csé l’àn rizòlt. Ra gèint catavu ’cc pes, bon da pitansa pagavu mènu der marlìs, sa scansa (L’odore del Tanaro e il fondo allora si vedeva/ parliamo di prima della guerra Ottavio diceva/ per quel che dicevamo il pesce era un raccolto/ come fare il grano senza la terra
- Date
- 2016
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