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- Title
- La malora - pag.71
- Author
- Fenoglio, Beppe
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- . E quando uno credeva che avesse finito di far tutto, lei si metteva alla finestra all'ultimo chiaro e ci dava dentro a far solette, non si possono contare le solette che ci ha fatto. Mi ricorderò sempre che le rare volte che sbagliava una cosa aveva il vizio di succhiar giú l'aria come se si fosse punta con un ago, e allora si sentiva Tobia: - Stai piú attenta, o bagascetta -. Mangiava sempre da in piedi
- Date
- 1954
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- Title
- La malora - pag.12
- Author
- Fenoglio, Beppe
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- dei suoi figli: mi faceva lavorare altrettanto e mi dava altrettanto da mangiare. A lavorare sotto Tobia c'era da lasciarci non solo la prima pelle ma anche un po' piú sotto, bisognava stare al passo di loro tre e quelli tiravano come tre manzi sotto un solo giogo. Almeno dopo tutta quella fatica si fosse mangiato in proporzione, ma da Tobia si mangiava di regola come a casa mia nelle gfornate piu
- Date
- 1954
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- Title
- La malora - pag.52
- Author
- Fenoglio, Beppe
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- arrivato a cucirsi i bottoni neri, facesse la fine di questo don Pino. Di preti io ne conoscevo abbastanza bene uno solo, il nostro parroco di San Benedetto; è vero che mangiava di magro non soltanto al venerdí, ma se si fosse lamentato non l'avrebbe fatto in buona coscienza, ed era su di lui che io mi regolavo quando cercavo di figurarmi l'avvenire di Emilio nella chiesa
- Date
- 1954
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- Title
- La malora - pag.63
- Author
- Fenoglio, Beppe
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- l'avevano visto all'osteria di Campetto che mangiava pane e salciccia e se ne sbatteva di tutto e di tutti. Corse a Campetto suo figlio piú giovane, ma non era vero niente. Quella sera tennero aperta la chiesa di Cappelletto apposta per chi voleva pregare per Costantino che fosse ritrovato vivo, e la padrona ci andò, ma Tobia scuoteva la testa; per lui era tutto cammino e fiato sprecato; a quest'ora
- Date
- 1954
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- Fiabe piemontesi - pag.39
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- Arpino, Giovanni
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- il giovane che ricorre al suo amico cavallo. « Ehi tu, potevo anche morire di fame, dato che ti sei dimenticato di me. Stavolta ti perdono. Batti in terra la tua bacchetta ed avrai il giardino più bello del mondo.» Così accade, il giardino diventa un paradiso di alberi con frutti meravigliosi. E chi ne mangiava o ne beveva il succo godeva eterna felicità. Tre di quei frutti il re dona
- Date
- 1982
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- Title
- Fiabe italiane - pag.40
- Author
- Calvino, Italo
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- 17. Cric e Croc In un paese lontano c'era un ladro famoso che chiamavano Cric e non l'avevano potuto mai pigliare. Questo Cric voleva far conoscenza con un altro ladro che chiamavano Croc, famoso quanto lui, per far lega assieme. Un giorno Cric all'osteria mangiava al tavolo d'uno sconosciuto. Fa per guardare l'ora e vede che è rimasto senza orologio
- Date
- 1993
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.15
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- , scrollato il sale qualcosa pesava coltellaccio, mezzo merluzzo te lo tagliava. Dicono che ce ne fosse uno perfin milionario palazzi ad Alessandria, faceva l’usuraio ma questo che ho conosciuto io mangiava andando tozzo di pane, aperto un acciughino, masticare bofonchiando. Si fermava a scaldare il becco all’osteria due muffole senza dita, naso rosso che ti spia attaccato bottone coi vecchi, scarponi
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.173
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- di Tanaro uguale in questa guerra qui dopo vent’anni Giovanna a cercare i pezzi [di legno], fare la fascina raccolti i pezzi di assi in giro, ne sapevi una? E di Felicino della Filippa sapevi qualcosa? raccontano che mangiava i bachi di sua madre Cesco lo ha visto, erano ragazzi, bravate? macché, gli piacevano proprio, non sono balle. A giornate di là da Belbo sotto i mucchi di bietole prendevano i topi
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.136
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- Ar Castlàs, manc in muron, ticc i bigàt tuca catè ra fùaja cara o bunpàt vent liri der quintal rivà paghèra ’t mangiava ra galeta prima ’d fèra. Pidrein quintà tant vòti sa listòria ’d gèint e muron ch’i spìaciu u son der glòria ra Siria, fija ’d Giurdan, spuzà ien ’d Castlàs ’mnì pianzi que da chili: «Dim cse ch’a fas?!» Dizu ch’ui n’è per l’azu e chi ch’ul mèina cor muschi ’tur a j’ùagg
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.137
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- A Castellazzo, manco un gelso, tutti i bachi tocca comprarla la foglia, cara o a buon prezzo venti lire al quintale si arriva a pagarla ti mangiava il guadagno dei bozzoli prima di farlo. Pierino ha raccontato tante volte questa storia di gente e gelsi che aspettano il suono del gloria la Siria, figlia di Giordano, ha sposato uno di Castellazzo è venuto a piangere qui da lui: «Dimmi che faccio
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- 2016
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- Fiabe italiane - pag.25
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- Calvino, Italo
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- 115 focaccia della figlia del Re». Ma la pietra era al di là del ruscello. Il pastore non ci badò, saltò il ruscello e le pecore gli vennero dietro. C'era l'erba alta, le pecore brucavano tranquille, e lui seduto sulla pietra mangiava la focaccia. A un tratto, sentì dare un colpo sotto la pietra, che pareva andasse giù il mondo. Il ragazzo si guardò intorno, non vide nulla, e continuò
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- 1993
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.49
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- Tufein, l’Americano Una volta c’era un uomo che andava giù da un pozzo ha trovato una pietra aguzza l’ha raccolta per salsiccia... Comperando quel pezzo di terra da pagare la gente non mangiava più per non cacare. Pomodori o peperoni, d’inverno mostarda buttando là quel boccone di polenta, il gatto lo guarda. Due figlie all’onor del mondo, ereditiere allevate in timor di Dio e tutte maniere
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.23
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- la sfoglia allora, con il gatto che miagola. Mette su un ceppo, pentola, gratta la stufa andando e venendo con le mani qualcosa nascondeva: rubava gli agnolotti crudi, pelava e mangiava l’ha pagata il gatto per lui, guarda come andava. Venuto vecchio l’asino di Vurpòt bisogna fargli la festa nella pelle dei salamini ci va anche la testa sono invitati Biagino e la Crivella un bottiglione da un quarto, cento
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.172
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- ? E ’d Filicein dra Flipa sav-ti uari? queinta che ’r mangiava i bigàt ’d su mari Cescu l’à vist, ch’ j’eru fanciòt, bravadi? machè, piazivu pròpi, nèint sunadi. A giurnà dlà da Bèrb, suta i migg ’d ravon ciapavu i rat, rustivu, truvavu bon queinta ch’ j’àn mangià ’n can, cunvint ’d na crava tèimp ’d uèra, nèint tèimp dra paz, nein ch’al sava. Da ’s puntu an là j’è ’r vein du Sotoscritu mìaj anterompi, zà
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.61
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- l’uovo che l’indovina. La pulce, se ti fa prudere il culo, ti piacerebbe acchiapparla morderla come il cane, la scimmia, capaci di mangiarla il gatto la batte con le zampe, dietro l’orecchia quelle sulla schiena le lecca, addenta e stritola. Il gatto sul sofà è una bambola pelato, cucinato, d’inverno, una cioccolata Scarpetta ne mangiava nel mese d’agosto gli anni della guerra, prima, dopo, beveva
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- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.125
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- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- che mangiava nebbia in bicicletta partiti e arrivati al buio, l’oste era come una chiesetta oggi dalle cannelle esce benzina quei santi non servono più, come il lume a petrolio. Ma il nome Cavigiola esce ancora dalla bocca raccontando del Fascio, l’Era della gente matta viene fuori l’altra cascina, di Piccinini? No, forse Piccinelli, gente coi quattrini. Qui Giovanni sente Piccinini e parla lui scolaro
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.14
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- la tajava. Dizu na fijsa ien fin miliunari palasi Alsandia, fava l’uzurari ma ist ch’j’ó cunzì me mangiava andanda tòc ’d pan, spartì n’anciuen, mastiè zgnufanda. Fermava scaudè ’r bèc a l’ustereia du mufri sèinsa dì, naz rus ch’ut speia; tacà buton coi vègg, scarpon brit ’d tèra quintava ch’ l’ìara alpen ’nt ra Grande guèra. Fra gli ambulanti ‘foresti’ che giungevano periodicamente in paese
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.115
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- più piccole dei denti di cane le dicono berlandri, non lo so in italiano moltissime nelle Capali e in riva a Tanaro fiorivano le sue gemme, la semenza, tutti gli anni. Van bene da cucinare come la donnetta bollirle, scolare l’acqua, più amaretta la gente ne mangiava molte una volta nessun orto, stoppie o barlande uno le nota. Nascevano nelle colture, poche o tante fino ad infestare il grano di fiori gialli
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.60
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- er gat ra bat cor piòti, drìa l’urigia culi ’ns ra schèina ui lapa, dèincia e strigia. Er gat an su sufà a l’è na buata plà, camudà, da invèr, na ciculata Scarpeta na mangiava ’nt er mèis d’avust j’an dra uèra, prima, dòp, buiva cul must. Setèimber, tèimp dra cacia ’r gat scapava s’ul vig lé-’n-mèz cullà dau s-ciòp tirava: «Bastiàn, j’è ’r gat pendì, taca cul gabon!» Diz ch’i zantèju ’r quaji, cacè
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.22
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
- Text
- , caudrein, grata ra stiva andanda e ’mneinda ’r man cuicòz scundiva: caciava j’anròt crì, plava e mangiava pagaja ’r gat per chil, uà ’me ch’ l’andava. ’Mnì vègg l’azu ’d Vurpòt ’mzó fèj ra fèsta ’nt ra pèl di salamein va anca ra tèsta: son anvidà Biaginu e ra Crivìala in butiglion d’in quart, sèint mìater ’d buìala. Mariu ’mnì cà n’à ’n tòc ant ra gajòfa facc sì ’nt u so panet l’à oncc ra stòfa tacaji
- Date
- 2016
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