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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.188
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- L’odore del paese 60 L’odore del paese lo ritrovi non sai se è nei muri o nel silenzio se nell’autunno, tu, l’aria del fiume nei passi dei ricordi sulla strada. Nient’altro c’è, l’odore di famiglia di tua madre, le mani dell’amore vorresti dirlo a Lei, dirlo a qualcuno ma devi cambiar lingua per capirti. Abbracci? Quelli te li puoi scordare cammina, lungo il fiume, vola il tempo tu sei rimasto
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.189
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- L’odore del paese Prepariamo con degli amici la bagnacauda da fare annusare al Diavolo Spicchio-d’aglio, una frode noi vogliamo bene ai morti, ci piace raccontarli però noi a dormire qui, col canto risvegliarli. l’osteria di un tempo non c’è più, ma il ricordo degli amici di un tempo è più vivo che mai, e il poeta si rende conto allora di essere rimasto solo, anzi, di essere diventato lui-Loro
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.131
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- Giovanni di Giacomino lo sa chi era Ernesta sentito fare il nome parte lui, una lingua lesta col paltò nuovo è ruzzolato nella fogna un fosso, con gli spurghi di liquame, odore di carogna. Fosse qui Giovanni di Bagino può confermarlo ventuno bottiglie in quattro, ubriachi da streghe con i tedeschi là dentro, nell’altra stanza ‘papiri’ nella tasca, pronti, con l’ansia. Usciti che erano le quattro
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.187
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- ?» vino della Liberazione, a una vecchia ’ste cose? noi esaltati, scatenati come cani, mattacchioni. Qualcosa prendeva alla gola, senza pace l’odore della morte, addosso alla gente, che ti nausea un magone che non sai spiegare, rancore, violenza sfogarla a ridere e piangere, del cuore sei senza. Voglia di baci innocenti di una ragazza giovane giovani, vent’anni o che, solo lei ti fa sentir giovane
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.41
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- il merluzzo faceva la novità patate rosicchiate dai topi, il grilletto le trova leccavamo dentro e intorno, sulla fuliggine ‘Succhiare le lische’ ancora adesso si dice. Polenta e aringa, polenta e gorgonzola contenti di sentire l’odore sull’uscio da fuori polenta col burro, una presa di zucchero polenta e latte, ustiona il diavolo Berlicher. Il bottegaio ammazzando il maiale scioglie il grasso fa da burro
- Date
- 2016
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- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.150
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- o cavoli-verza venivano coltivate di preferenza nel vicino paese di Borgoratto (berguratein, gli abitanti) grazie a caratteristiche chimiche del terreno più adatte allo scopo. Già nella prima quartina il poeta invita a immaginare l’impatto olfattivo subito da chiunque entri in un ambiente dove si sta procedendo alla loro cottura. Cibo in ogni caso (nonostante l’odore) buono e appetitoso, facilmente adattabile
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.205
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- , mangiu na pita. (L’airone veniva imbalsamato quando l’uccidevano/ ma qui c’era gente che se lo sbafava/dicono che sa di pesce, l’odore di frescume della fanghiglia/ mangiarlo lo hanno mangiato, mangiano una chioccia.) 15. Stessa sorte poteva capitare anche a uccelli più rari e più belli presenti nella zona, come l’upupa o galletto selvatico, il cui casuale utilizzo come alimento rappresentava
- Date
- 2016
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- Title
- Fame e Abbondanza in cinquantacinque poesie di Giovanni Rapetti - pag.204
- Author
- Castelli, Franco, Emina, Antonella, Milanese, Piero
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- , anlùr s’avghiva parloma ’d prim dra uèra Taviu diva per cui ch’a divu er pes l’ìara ’n racòlt fè ’r gran con nèinta ’d tèra, csé l’àn rizòlt. Ra gèint catavu ’cc pes, bon da pitansa pagavu mènu der marlìs, sa scansa (L’odore del Tanaro e il fondo allora si vedeva/ parliamo di prima della guerra Ottavio diceva/ per quel che dicevamo il pesce era un raccolto/ come fare il grano senza la terra
- Date
- 2016
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